La favela chiamata Rochina
12/08/2016
"Rocinha...
Due giorni fa il tassista si é rifiutato di entrare all'interno della favela:" non entro nella comunità,vi lascio qui". abbiamo preso due mototaxi, non sapendo neanche troppo bene cosa stavamo facendo e siamo entrati dentro a Rocinha....ne siamo usciti letteralmente sulle nostre gambe, coprendo la stessa distanza a piedi, velocemente e con la testa bassa, tra sguardi di sfuggita lanciati qua e là,sperando di "sembrare" due brasiliani qualunque. E intanto le solite folli idee da "CSIperilMondo" cominciavano a prendere forma nelle nostre teste...
Oggi:Martin, riconosciuto come presenza fondamentale nella comunità di Rocinha,ci accompagna a scoprire la realtà vera e pesante di questo quartiere di Rio, tra anfratti troppo stretti da attraversare, fogne a cielo aperto, sporcizia, sovraffollamento, storia e vita vera.
Eh si, vita vera purtroppo...
Ma in questa vita vera, Martin, ci vorrebbe a fare sport l'anno prossimo, come sappiamo fare noi, con quelle pazze e folli idee che non hanno bisogno di stadi,campi da calcio, canestri o strutture. Ci basta la strada di Rocinha e quel pallone che avrei voluto lasciar rotolare giù e poi...chissà."
Valentina Piazza
"Oggi siamo entrati nelle viscere di Rocinha, favela arrampicata lungo i pendii dei colli di Rio. Il suo nome significa "fattoria" perché quella era la sua natura primaria. Il potere, la droga e la corruzione l'hanno trasformata nello strano ibrido di incubo-sogno-realtà che è ora. Gli abitanti di Rio la ostentano come elemento caratteristico del luogo: il suo profilo di città irregolare è stampato a colori sgargianti su calamite, magliette e parei. Le stesse olimpiadi l'hanno ritratta durante la cerimonia di apertura. Tutti ne parlano, ma pochi vi entrano. Gli stessi taxisti si rifiutano di entrarci e la sua fermata metropolitana è stata chiamata con il nome di una benestante città vicina probabilmente per non spaventare i passeggeri. Noi abbiamo avuto il privilegio di inoltrarci nei suoi vicoli, di spiare il cielo attraverso l'intricato reticolo dei cavi della luce (ci sono cavi attaccati ovunque per rubare la corrente) e di camminare lungo uno dei 23 canali di acqua sporca,topi e immondizia che colano di fianco alle case. Questo è stato possibile grazie a Martin, un uomo giunto nella favela a 19 anni con gli occhi di un giovane desideroso di vedere il mondo e l'intenzione di fermarsi a Rocinha solo per 3 mesi. Qualcosa però non è andata come previsto, perché Martin non se ne è più andato da quel dedalo di stradine: è diventato il primo sindaco di Rocinha, ha lottato per anni per il bene dei suoi abitanti e ancora oggi continua a essere attivo nel sociale. La verità è che si è innamorato di questa favela e, attraverso i suoi racconti, ce ne siamo innamorati anche noi. Arrivederci Rocinha... speriamo di tornare presto per aiutare Martin nella sua grande sfida di solidarietà."
Elena Motta